Leggiamo di tante iniziative e suggerimenti, ed è fantastica l’aria creativa e fiduciosa che si respira.
Succede spesso che in momenti di isolamento, di dolore e di solitudine, la creatività dia il meglio di sé. Vale per gli artisti, varrà per ognuno di noi!
Allora coraggio, dopo gli arcobaleni meravigliosi diffusi sul web, dopo l’epidemia buona di post-it anonimi, abbiamo deciso anche noi insieme a Burabacio di incoraggiarvi a colorare un messaggio di fiducia e speranza che parta dalle nostre case, ma che presto potremo andare ad appendere all’aperto per tappezzare le città di colori, creatività e coraggio.
Tutte queste domande sono fondamentali perché mi obbligano, ogni tanto, a schiacciare il tasto “pausa” della centrifuga e a fare il famoso punto della situazione, a guardare e toccare il frutto di tanto lavoro.
La mia storia fatta di parole scritte, giusto sei anni fa, al mio arrivo in Italia, si è incrociata con quella di Martina. Non era la prima volta che le nostre strade si incontravano: la prima volta avevamo tutte e due un gran pancione e portavamo in grembo quelle che sarebbero state le primogenite delle nostre bande di figli. La seconda abbiamo unito saperi, competenze e passione per aprire le porte di Milano a Frida Kahlo, una delle nostre artiste del cuore. Due incontri durati settimane, in due momenti importantissimi delle nostre vite personali e professionali. Quando dopo anni di lontananza ci siamo ritrovate abbiamo scoperto che tutte e due avevamo deciso di concentrare il nostro lavoro sull’universo dei bambini. Tutte e due mettevamo l’arte al primo posto. E tutte e due avevamo chiaro che i nostri due mondi di riferimento avrebbero avuto come luogo di incontro le pagine stampate.
Sei anni volano. Se non fosse per i miei figli che crescono, quasi non mi accorgerei del tempo che passa (io non mi guardo mai allo specchio). Eppure sei anni portano con sé una mole di lavoro, di passione e di impegno straordinaria.
“Perché non fate una pila di tutte le cose che in questi anni avete scritto?”, ci hanno suggerito. Certo, che idea! Non c’è come riprendere in mano e sfogliare quanto si è scritto, non c’è come visualizzare copertine e formati per rendersi conto del lavoro fatto, della strada percorsa. Certo, ci sono tutte le parole affidate alla rete, quelle pubblicate sul blog e sulle pagine dei social che non è possibile “accatastare” insieme alle altre. Ma quelle che abbiamo formano già una bella montagnetta!
Perché fare oggi, alla fine di gennaio, questo tipo di riflessioni? Servono solo per concedersi una pausa, per rallentare i giri della centrifuga? Oppure servono a prendere un po’ più coscienza di noi stesse, del nostro valore, del nostro lavoro? In un mondo in cui tutto e tutti vanno in fretta, non solo noi, immerse nella nostra personale lavatrice. In una realtà in cui i like valgono più di qualsiasi altra cosa e la capacità di “influenzare” conta a volte più delle abilità e delle competenze. In un universo in cui ci si sente (io, di sicuro!) spesso degli estranei, ecco, fermarsi a guardare e a toccare quanto si è fatto con tanto impegno, studio e dedizione è forse il modo migliore per ritrovare la ragione per la quale si lavora, lo stimolo per andare avanti facendo sempre meglio e la scusa per fare una pausa e, sì, per darsi anche una pacchetta sulla spalla.
]]>Qualche giorno fa Numero Uno mi ha chiesto di darle una mano con la parafrasi dell’Inferno di Dante. Sono andata a riprendere la mia Divina Commedia, quella su cui ho passato ore ed ore ai tempi dell’università, quella tutta sottolineata e annotata, e ho provato una gioia intensa, quasi fisica, nel leggere di nuovo quei versi, nel confrontarmi con la conoscenza immensa del poeta.
Un articolo uscito su Repubblica martedì scorso ha questo titolo: “Almeno 80 libri la biblioteca perfetta dei sedicenni”. Forse perché a casa mia poco c’era della gran parte delle cose, ma i libri abbondavano, oggi sono la persona che sono, oggi amo quello che faccio, oggi mi emoziono davanti a un quadro, oggi perdo il senso del tempo fra le pagine di un libro.
Perché mettere insieme questi tre momenti? Perché mi rendo conto che oggi, “nel mezzo del cammin di nostra vita” (speriamo che sia così!), l’avere il grande privilegio di fare un lavoro che mi richiede di studiare, approfondire, analizzare e confrontarmi sia per me una fonte di gioia, una dei motivi per cui mi è lieve svegliarmi al mattino e uno degli stimoli per non smettere mai di dire ai miei figli e a tutti i giovani che incontro che studiare è davvero una grande fortuna. Mia nonna Lidia diceva che dovevamo studiare per poter trovare un bel lavoro. Mia mamma che studiare ci avrebbe aperto la mente. Io sostengo che studiare rende felici. E non è poco (o, come si dice oggi, è tanta roba).
]]>Un’altra caratteristica dell’età dovrebbe essere la ragionevolezza e la capacità di analizzare le cose senza lasciarsi andare a giudizi affrettati. E così, nel corso di questi anni, ho cominciato a ricredermi su questa nuova modalità di organizzare le “mostre” e di proporre arte e artisti.
Certo, per appassionati e addetti ai mestieri non c’è nulla di più appagante di trovarsi di fronte al frutto del pennello o dello scalpello dei propri prediletti, ma per il grande pubblico uscire dalla cerimonialità della mostra tradizionale e poter avere un rapporto più diretto con le opere può essere un modo straordinario per vivere e, in molto casi, per riconciliarsi con l’arte.
La “emotion exhibition” dedicata a quel genio di Magritte, inaugurata questa settimana alla Fabbrica del Vapore di Milano, ne è un’ottima dimostrazione. Dopo il passaggio da una sala introduttiva in cui vengono fornite informazioni sulla vita e sull’opera di questo protagonista del Surrealismo, il visitatore entra in uno spazio immenso nel quale, grazie all’uso di tecniche multimediali, si viene catapultati nel mondo del pittore. Fra piogge di omini, voli di colombe, pipe che non sono pipe, corpi umani trasformati, cascate di fiori e mele e paesaggi suggestivi, accompagnati da una splendida musica, si abbandona la quotidianità e si entra in un mondo onirico in cui, proprio come sostenevano i Surrealisti, tutto diventa possibile grazie all’immaginazione. La sensazione di poter fluttuare nei cieli magrittiani, di potersi moltiplicare come i suoi omini con la bombetta, di entrare dalle porte spalancate sulla natura, di attraversare a cavallo boschi misteriosi, mi hanno abitata per l’ora che è durata la mia visita.
E allora, visto che con l’età si dovrebbe aver imparato ad attenuare le posizioni assolutiste, oggi penso che mostre “immersive” e pinacoteche vecchio stile non dovrebbero essere più considerate antagoniste, ma diverse facce e possibilità di quel godimento unico e irripetibile che è la visione di un’opera e di quell’opportunità straordinaria data, a qualsiasi età, dall’incontro con l’arte.
Dal 3 ottobre al 3 febbraio 2019, al Complesso del Vittoriano, abbiamo la possibilità di immergerci nel mondo del nostro Andy: più di 170 opere permettono al visitatore di fare amicizia con questo artista fantastico che ha cambiato completamente il modo di pensare all’arte, alla musica, al cinema e alla moda. Troveremo i suoi ritratti (chi non ha in mente la sua Marilyn Monroe?), le sue famosissime lattine di zuppa Campbell’s, i fiori, gli autoritratti e le polaroid. Potremo veder da molto vicino come usava la tecnica della serigrafia e potremo apprezzare come grazie a lui tutto possa diventare arte.
Siamo sicure che Warhol sarà un alleato prezioso di genitori e bambini: con uno come lui non si può che amare l’arte e cominciare a capire che anche le mostre possono essere un’ottima occasione per divertirsi e far festa.
Un consiglio per i genitori? Fate scattare al vostro bambino delle fotografie, possibilmente dei ritratti. Stampatele e, una volta a casa, realizzate un quadro con la tecnica della serigrafia alla maniera di Warhol (se avete il nostro libro ci trovate tutta la spiegazione). Cosa c’è di più bello del fare le stesse cose che fa il nostro amico?
Quando, ormai più di due anni fa, abbiamo iniziato la pubblicazione sul nostro sito della nostra storia dell’arte a puntate, sono arrivate decine e decine di mail di ringraziamento da parte di maestre entusiaste che ci dicevano di aver stampato le nostre pagine e di averle utilizzate con i loro alunni. Erano tutte testimonianze di una grande voglia di occuparsi di una delle materie più belle che ci siano e di farne un dono, valido per tutta la vita, alle nuove generazioni.
Nella scuola primaria, si sa, gli insegnanti devono fare delle corse contro il tempo per seguire i programmi ministeriali. Le ore dedicate alla burocrazia a volte rischiano di equivalere a quelle dedicate all’insegnamento. Quando si è fortunati esiste uno “specialista” (adoro questo termine!) che si occupa solo dell’educazione artistica, ma nella maggior parte dei casi sono gli insegnanti principali che devono riuscire a “infilare” qualche nozione di arte fra tutte le altre materie. Un po’ perché è il nostro lavoro e il nostro credo profondo, un po’ perché, in quanto mamme, sappiamo che quello che i nostri figli ricevono a scuola ha un valore e un gusto diverso, siamo molto felici quando i nostri libri possono aiutare gli insegnanti nel loro compito.
Negli ultimi due anni abbiamo anche lavorato con un’importante casa editrice scolastica, Cetem, che ci ha affidato due bellissimi progetti: il compendio di storia dell’arte allegato a “Parole ad Arte” e gli inserti de “Il giardino dei racconti”, entrambi destinati agli alunni di quarta e quinta della scuola primaria. Due bellissime esperienza di ricerca e scrittura che speriamo aiutino bambini e maestri ad avvicinarsi all’arte, a conoscere le vite e le opere di grandi artisti e a sperimentare le loro tecniche.
Secondo noi l’arte non solo deve essere insegnata, ma può diventare un veicolo di conoscenza ampio che permette di conoscere tecniche, storie, vite, ma anche matematica, chimica, geometria e geografia. Ben vengano i corsi di coding e di realtà aumentata nelle scuole, ma non dimentichiamoci mai, per favore, del tesoro grandioso che possediamo e che, con ogni mezzo, dobbiamo trasmettere ai più giovani.
PS. Messaggio per maestri e maestri: non smettete mai di scriverci, di inviarci le foto dei lavori dei vostri alunni, di chiederci consigli e informazioni. Per noi siete fondamentali!
]]>Come nostra abitudine ci siamo preparate una scaletta, una spartizione delle parti e abbiamo definito un timing. E come ogni volta abbiamo deciso di lasciarci trasportare dalla magia dell’incontro con i bambini. Che poi di magia a Pordenonelegge ce n’è già un sacco di per sé: il centro di una città che si trasforma, si colora e ricorda in ogni angolo quanto sia meraviglioso immergersi nelle pagine di un libro.
Sono stati tantissimi i bambini che nel corso della mattinata si sono seduti per terra nelle sale del Museo Civico d’Arte, arrivati chi a piedi, chi in corriera, chi in treno. Non sappiamo bene cosa si aspettassero, cosa le loro insegnanti avessero raccontato. Ma di fronte ai loro sguardi, alla loro straordinaria attenzione e alla loro curiosità abbiamo capito che il filo conduttore della nostra chiacchierata e del nostro laboratorio non poteva che essere uno: la passione. Quella che ha animato ognuno dei grandi artisti che avremmo presentato, ma anche la nostra, quella che mettiamo in ogni nostro progetto e in ognuna delle pagine che scriviamo. Quella passione che in ogni momento giustifica la fatica, gli inciampi e che è motore di ogni opera. Quella passione che fa capire che su ogni cosa si può cambiare punto di vista e che anche quello che apparentemente non ci piace o che pensiamo di non saper fare se viene guardato attraverso il filtro della passione può cambiare i suoi connotati. I “non so capace”, i “io non so disegnare”, i “l’arte non è il mio forte”, sono diventati dei “ci provo”, “non sono così male”, “ce la faccio anche io”.
Quando ci viene chiesto perché facciamo questo lavoro, rispondiamo sempre che è perché crediamo che l’arte abbia a che fare con la nostra vita e che la possa rendere migliore. Quando poi ci allontaniamo dalle nostre scrivanie, dalla carta e dall’inchiostro e incontriamo i nostri giovani lettori abbiamo la conferma che quello che diciamo sia proprio vero. Non sappiamo cosa i bambini di Pordenone si siano portati a casa venerdì oltre ai fogli delle attività che hanno fatto con noi, ma sappiamo bene che la nostra passione è stata una volta di più alimentata dall’incontro con loro e che la strada che stiamo percorrendo ci rende felici.
Se sei interessato ad acquistare il libro lo trovi qui:
Il gioco è una delle occasioni più importanti che ci vengono offerte per vivere situazioni nuove e fantastiche e per diventarne i protagonisti. Il credo di Artkids è da sempre quello di portare i bambini (ma non solo!) a “fare esperienza” dell’arte e farla diventare parte integrante della propria vita, proprio come si fa quando si gioca sul serio.
“Play the game” è il titolo di una mostra in corso all’ADAM, il Museo del Design di Bruxelles, dedicata a Kartell e al suo splendido mondo ludico. Attraverso una serie di oggetti e di complementi di arredo, la mostra racconta come design e gioco siano da sempre ottimi alleati nel mondo Kartell. Al percorso dedicato agli adulti se ne affianca un altro tutto pensato per i bambini durante il quale osservare, toccare, sentire, vivere la bellezza e la magia degli oggetti esposti.
Per accompagnare i più giovani in questo viaggio noi di Artkids abbiamo progettato un libricino speciale fatto di inviti e stimoli per sperimentare e “tenere traccia” di quanto ammirato in mostra.
Ancora una volta Sabrina Ferrero, in arte Burabacio, è stata nostra compagna di avventura, realizzando non solo le illustrazioni del libretto ma anche tutto il bellissimo progetto grafico dell’esposizione.
Quando si tratta di giocare, chi ci ferma?
PLAY THE GAME!
Ecco, sì: tutto è nato dal desiderio di condividere con i bambini, tutti i bambini, la nostra passione per l’arte, in un modo che rispettasse la loro natura, il loro desiderio di fare e di interagire. Un modo che potesse permettere anche al giovane pubblico del paese più ricco al mondo di opere d’arte di non essere solo spettatori (annoiati!) della Bellezza, ma di diventarne protagonisti.
Sì, Artkids è nata proprio così. Una strada non facile la nostra, ma ricca di grandi soddisfazioni. In questi anni hanno visto la luce libri che ci hanno rese molto fiere, frutto di collaborazioni bellissime con alcune delle principali case editrici italiane. Abbiamo alimentato il nostro sito e il nostro blog che, lungi dal consacrarci come vere blogger, è stato veicolo di iniziative importanti come “La mia storia dell’Arte” che ci hanno messo in contatto con un gruppo sempre più grande di genitori e insegnanti amanti come noi dell’arte e desiderosi di trasmettere ai più giovani la loro passione. Abbiamo stretto collaborazioni e amicizie che rendono il nostro lavoro più completo e più bello. Prima fra tutte è quella con Sabrina Ferrero, in arte Burabacio, che con i suoi colori, i suoi personaggi e il suo tratto grafico dà “volto” e personalità a molti dei nostri lavori.
Oggi si è realizzato per noi un sogno che da tempo custodivamo nel nostro cassetto segreto. L’incontro con persone e operatori culturali illuminati e attenti al giovane pubblico come Nuova Villa Reale, Cultura Domani e ViDi ha fatto sì che, nella straordinaria cornice della Villa Reale di Monza, si potessero aprire le porte de “La storia dell’arte raccontata ai bambini”: una mostra che non è una mostra, piuttosto una “palestra” nella quale fare amicizia con alcuni artisti e “allenarsi” nella pratica artistica vivendone lo stile e le caratteristiche.
Il percorso espositivo è suddiviso in stanze multisensoriali. In ciascuna di esse, i bambini sono accolti da brevi filmati nei quali gli artisti (il “maestro” della grotta di Lascaux, Leonardo, Caravaggio, Monet, Van Gogh, Kandinsky, Warhol), interpretati e disegnati dalla meravigliosa Burabacio, li introducono alla loro vita, alla loro arte e ai loro capolavori.
Alla fine di ogni racconto i giovani visitatori sono invitati a rielaborare i concetti che hanno visto e ascoltato dalla viva voce dei Maestri, in una serie di attività creative che li fanno giocare, disegnare, scrivere e sperimentare le tecniche e i linguaggi dell’arte.
Stasera abbiamo visto bambini e bambine ascoltare le storie dell’arte con gli occhi spalancati e pieni di meraviglia. Li abbiamo visti dipingere alla maniera degli Impressionisti, copiare dal vero come Caravaggio, decorare una grotta come gli uomini delle Preistoria, scrivere una lettera come faceva Van Gogh con suo fratello Theo, realizzare un’opera Pop e comporre una tela alla maniera di Kandinsky.
Stasera abbiamo visto bambine e bambini divertirsi con l’arte, genitori condividere con i propri figli momenti creativi lasciando da parte inibizioni e autocensure e nonni sorridere soddisfatti seppur un po’ scettici.
Stasera abbiamo visto un sogno realizzarsi, con la speranza che da esso non ci si debba svegliare, ma che sia solo l’inizio per ognuno dei bambini e delle bambine che hanno visitato la mostra e per quelli che lo faranno nei prossimi mesi, di un’amicizia straordinaria con l’Arte, gli artisti e i loro capolavori.
Per informazioni, biglietti e prenotazioni visita il sito della Villa Reale.
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