Scattare o contemplare?

Qualche giorno fa, con notevole ritardo, sono andata a vedere la mostra su Klimt a Palazzo Reale di Milano. Numero Tre e Numero Quattro ci andranno alla fine di questa settimana con le loro maestre e i loro compagni e io non potevo rischiare di farmi trovare impreparata: quando si tratta di mettermi in imbarazzo e di cogliermi in castagna i due sono delle vere piccole iene!

Mi sono presentata all’entrata all’apertura e, a parte qualche scolaresca di liceali, non c’erano molte persone. Non voglio dilungarmi sul giudizio della mostra che, peraltro, ho trovato veramente ben raccontata e con un paio di opere che da sole valgono il prezzo del biglietto d’ingresso (in particolare  Judith II e La famiglia). Quello che più mi ha colpito e mi ha fatto riflettere è stato il comportamento della maggior parte dei visitatori (penso di poter escludere solo una coppia di signori di età decisamente avanzata); nonostante il divieto, tutti estraevano lo smartphone per fotografare i quadri. Una rapida lettura alla didascalia, un orecchio all’audioguida, foto e via. La sosta davanti alle opere era veramente ridotta al minimo, o meglio, al tempo di uno scatto. Come se l’importante fosse solo portarsi a casa l’immagine, archiviarla, possederla in una memoria artificiale. Lungi da me fare della socio-psicologia spiccia però la cosa mi ha fatto molto riflettere.

Se noi adulti per primi, neanche quando andiamo ad una mostra che noi abbiamo scelto, alla quale stiamo dedicando una parte del nostro tempo libero, siamo capaci di fermarci, di contemplare, di interiorizzare, di godere, di scoprire, come facciamo a trasmettere questi atteggiamenti fondamentali ai nostri pargoli?

L’arte ha bisogno di soste, di sguardi profondi, di ascolto. Tutte cose che i bambini, attivi e sbrigativi per definizione, possono imparare solo per imitazione.

Mi sono seduta davanti al quadro La famiglia, immersa nella mia riflessione. Ho tirato fuori il mio quaderno e mi sono messa a scribacchiare qualche appunto. Poco dopo ho percepito una presenza alla mie spalle. Una piccola testolina bionda mi ha chiesto se poteva vedere il mio “disegno”e se io volevo vedere il suo.

Ancora una volta, la lezione, il giusto atteggiamento, l’intuizione sono venute da coloro ai quali vorremmo insegnare noi qualcosa! Meditiamo, gente, meditiamo. 

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